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Con il Jobs Act, il legislatore è intervenuto anche sulla questione della flessibilità c.d. "interna" o "funzionale", che già da tempo aveva destato l'attenzione del sistema imprenditoriale: la questione, cioè, del riconoscimento e della disciplina del potere del datore di lavoro di determinare e variare unilateralmente le mansioni del lavoratore. L'art. 2103 c.c., nelle sue diverse formulazioni precedenti e successive allo Statuto dei diritti dei lavoratori, ampliava o restringeva il potere datoriale di modificare le mansioni, e quindi l'oggetto dell'obbligazione contrattuale, del prestatore di lavoro. Con la l. n. 183/2014, è stata data delega al Governo di revisionare la disciplina delle mansioni in modo da contemperare l'interesse datoriale all'utile impiego del personale con quello del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della sua professionalità e delle sue condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento. Il d.lgs. n. 81/2015, che ha integralmente sostituito la precedente disciplina delle mansioni del lavoratore, ha radicalmente innovato la norma nel senso di una maggiore flessibilità, mantenendo salda l'attenzione alla posizione soggettiva del prestatore di lavoro e affidando alla contrattazione collettiva un ruolo nuovo e determinante nell'individuazione dello spettro delle mansioni esigibili dal creditore della prestazione lavorativa.